Gentili amici di avellinesi.it, vi ho
scritto in altra occasione complimentandomi per il vostro impegno e
per comunicarvi che un link al Vs sito è presente nel sito che curo
da anni, salutidaforino.it. Ora vi scrivo per raccontarvi e
per chiedervi notizie su uno di quei luoghi apparentemente banali ma
che sono stati, tempo fa, motivo di interesse e custodi di ricordi
d’infanzia altrui. Vi racconterò di quello che sono i miei ricordi
di bambino, e che riguardano i ricordi di un’altra persona, mio
padre. Ci vuole una breve premessa. Papà lasciò Forino nel 1951, con
la speranza di trovare migliore fortuna e migliore vita rispetto a
quella che gli si prospettava nella pure onesta e nobile vita del
contadino. Se ne andò nell’Arma, e fu spedito in Sardegna. In
seguito continuo ad essere trattato similmente ad un pacco, spedito
in tanti altri luoghi, sino al 1981, anno del suo pensionamento. In
quegli anni di lontananza il suo pensiero fisso era comunque rivolto
al ritorno al paese natio, nella sua terra. Capitava quindi, in quei
interminabili viaggi dall’alba al tramonto, a bordo della sua fida
Fiat 850, una volta giunti a Bellizzi, frazione conosciutissima di
Avellino, di effettuare un’ultima tappa. Io stanco del viaggio, con
le gambe intorpidite dai crampi, con l’impazienza di abbracciare il
nonno ed ascoltare al fresco delle pergole i suoi cunti, in
verità rimanevo interdetto di fronte a questa ulteriore ultima tappa
pochi chilometri prima dell’arrivo. Ma qual è questa tappa, vi
chiederete. Una fontanella, posta all’uscita di Bellizzi, poco prima
del Cretazzo, e appena superata la ferramenta del Monacone.
Una banale bevuta d’acqua, motivo d’ulteriore ritardo?
L’esperienza della vita ci fa comprendere, in seguito, quanta
impazienza e impulsività ci regali la gioventù. Quella banale
bevuta d’acqua racchiudeva in se uno dei tanti ricordi d’infanzia di
mio padre. A quei tempi la vettura per Avellino costava una cifra, e se bisognava
recarsi in città in più persone di uno stesso nucleo familiare di
certo diventava un esborso che in qualche modo si doveva evitare. E
non sempre si trovava un passaggio su di un carretto o che
dir si voglia. E quindi, alla pari degli spostamenti verso la
stazione ferroviaria di Montoro-Forino, o verso il mercato degli
animali di Rota (Mercato San Severino), anche determinate visite in
città erano effettuate usando il mezzo più economico, le gambe. E
camminando era sempre necessario un ristoro, quello appunto che quel
ragazzo trovava in una bevuta d’acqua alla fontana di Bellizzi,
magari tra uno schiamazzo ed uno schizzo fra cugini ed amici, con il
nonno che bonariamente, una volta tanto, fingeva di non tollerare
minacciando di sfilare la cinta. E quando finalmente ho
compreso, ripensando alle azioni e alle parole del mio genitore,
complice anche la sua scomparsa, il messaggio che veniva da un tempo
il cui scorrere era più lento e genuino, mi sono ripromesso di fare
anch’io tappa a quella fonte. Anni di intenzioni accantonate, tant’è
il turbinio che accompagna le nostre esistenze tra impegni di
famiglia e di lavoro. Anni volati via passando in quel posto anche
quattro volte al giorno, senza trovare quei pochi secondi per
onorare quel banale ricordo altrui. Ma, fortunatamente, quel
giorno è arrivato. Il luogo resiste al tempo, la fontana non ce l’ha
fatta. Ma è stato bello, dopo più di trent’anni, ridiscendere quei
pochi scalini, ed assaporare i ricordi sul posto. Ho scattato
qualche foto, che vi allego, domandandomi e domandandovi se
nell’archivio degli Avellinesi sia riposta una foto d’altri
tempi che ritragga quel luogo. Sarebbe un modo bello di onorare i
ricordi dei paesani che si recavano in città, e di una delle
tante tappe che costellavano il loro cammino.
(10.9.2008) |