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Ricordi questa
Forino? |
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A volte. A volte
capita. Capita di chiudere gli occhi, e
tornare, come in un sogno, indietro nel tempo.
Tornare a ritroso nel tempo, cogliere i
ricordi... sino ad un evento che è un confine.
Confine tra un passato e l’oggi. Un passato
che non ritornerà, fatto di mentalità, di
sospiri, di pensieri diversi. Ricordi di vita
contadina, di una vita basata sulla
solidarietà. Di giorno nei campi, di sera nei
vicoli. L’imbrunire, in paese, realizzava un
miracolo; gruppi di ragazzini schiamazzanti,
anziani seduti all’uscio dei loro bassi,
gruppi di comari a pregare e a… ricamare! Alla
luce fioca dei lampioni si compiva il miracolo
dell’aggregazione e della socializzazione,
della solidarietà tra poveri. Poveri ma
dignitosi. Nel vico ci si sosteneva l’un
l’altro. Il vico era un grande corridoio, dove
si affacciavano le tante stanze, dove abitava
una grande famiglia. E i ricordi riaffiorano.
Ora nebulosi, ora scintillanti, ora… ecco…
ecco gli odori, i sapori. Gli indumenti di mio
nonno. Intrisi di sudore, terra, solfato di
rame… odori misti ma nel contempo singoli,
penetranti ma non fastidiosi. Odori di
un’altra epoca, di un altro tempo. Odori di
altra gente. Gente che abbandonava il paese il
mattino presto e vi rientrava la sera. Gente
legata alla terra, dai movimenti
apparentemente lenti, ma dettati da
un’esperienza e da una saggezza perduta.
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Magari dettati
anche dalla fatica, dal peso occulto dell’età.
E gli schiamazzi, tutt’intorno. Il paese era
lì, in campagna, di giorno. Tutti alla
sorgente. I ragazzi a riempire brocche e tini,
le donne a lavare i panni sulla pietra.
Nessuno mancava mai il saluto e la cordialità.
Si ci divideva tutto, anche la miseria, in
barba agli antichi detti. E poi la Domenica,
il dì di festa. Festa autentica. Aspettata.
Desiderata. E con i suoi riti. Quello della
vestizione, ad esempio. Quella camicia di
stoffa pesante. Il panciotto. L’orologio da
taschino. Il bastone, per sostenere gli anni.
La giacca, appoggiata sulle spalle, infilata
solo d’inverno. E il cappello, calcato in
testa con movimento netto a stringer la tesa.
Ultimo atto di un rito che consacrava le ore a
venire al riposo e a Dio. E nel caldo del dì
di festa, il lento incedere verso gli scalini
della chiesa. Gli uomini rigorosamente a
sinistra, negli ultimi banchi..
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Il resto a
completa disposizione delle donne, dei ragazzi
e dei benestanti. Tranne per il barone, che
lui aveva il suo altare privato, con la
balaustra in ferro battuto per dividersi dagli
altri. E io, ragazzino, mi chiedevo il perché.
Perchè? Perchè quel posto solo per loro? I
banchi in fondo per tutti quelli della stessa
condizione: contadini, braccianti, muratori.
Perchè? Domande con una risposta, allora,
ancora lontana dal venire. E dopo la messa, le
chiacchiere in piazza, l’attesa sotto la torre
civica, che avrebbe annunciato, col suo
fragore di campane, il mezzogiorno. E tutti,
contemporaneamente, con il cappello in mano a
segnarsi con la croce, il commiato, e il
ritorno a casa per il pranzo. Ci toccava
andare a prendere l’acqua alla fontana,
riempire la bacinella, attendere i movimenti
lenti, ancora!, del nonno che lavava le mani,
prendere la bacinella, e buttar via l’acqua in
quel canaletto. E l’acqua correva verso un
orrido. Una innocuo tombino, ma che
inghiottiva tutto, dall’acqua alla palla che
disgraziatamente ci finiva dentro. E dopo il
pranzo, seduti sui gradini, ad ascoltare le
storie del nonno, appoggiato sulla sedia, che
ci conduceva per mano al sonnellino
pomeridiano… Tornaci, ora, in campagna. Non ci
trovi più nessuno. Tornaci alla sorgente,
oramai interrata, come interrata è quell’antica
pietra odorante di sapone. E tornaci in
chiesa, e siediti ora, libero, negli scanni a
sinistra. Non c’è più nessuno che vi si sieda.
Solo qualche nuovo anziano. Ma io, quelle
poche volte che ci ritorno, li ritrovo tutti
lì. Silenziose ombre del passato, che solo chi
lo ha vissuto può ricordare. |
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I commenti di alcuni amici, forinesi e non:
-
Non è il tempo che ha consumato i nostri
ricordi. E' l'egoismo umano la causa della perdita di
certi valori che la sensibilità di chi li sente ancora li
fa sentire vivi e li farà mantenere nel tempo. Grazie, con
questo racconto mi fai sentire ancora orgoglioso della mia
terra. (Pasquale M.)
- Medioevi che con il tempo hanno solo cambiato aspetto.
(Gaetano A.)
- Sa di emozioni, sentimenti e poesia. Di amore alla tua
terra ed alle sua sane tradizioni. (Giuseppina F.)
- Il progresso non ha tenuto conto dello stato dei luoghi
e della autoctona civiltà contadina che era famiglia,
comunità e patrimonio genetico di un mondo rurale pieno di
saggezza, identità, attaccamento alla terra, alla natura e
alle proprie tradizioni e anche se ha migliorato lo stato
sociale dei cittadini ha man mano cancellato quel
patrimonio di conoscenza che le generazioni si
tramandavano. (anonimo)
- Mi sembra di leggere il libro della vita con le sue
semplici profondità. (anonimo)
- Purtroppo
non ho vissuto quei tempi ma i racconti di mio nonno
corrispondono al testo. Quel poco per loro era benessere,
per noi il "tanto" non lo è. (Costantino D.G.)
- Io le ricordo... forse è proprio per questo che continuo
ad amare la mia terra. (Pasqualina B.)
- Il ricordo del passato, è quello che ci aiuta a restare
quello che siamo, anche se proiettati nel futuro; e penso
che per noi che abbiamo perso entrambi i genitori e le
ferite non sono ancora rimarginate, i ricordi sia belli
che brutti comunque ci aiutano a far si che siano ancora
in mezzo a noi. (Raffaele C.)
- Impresse nella mente tante
delle cose che rivivi e attimi di nostalgia che pervadono
anche me. I racconti di mio nonno, fatti di rumori, odori,
immagini, sinestesie che spesso vado a rivisitare e che
lascio lì, proprio nella parte più profonda affinché
diventino memoria... noi solo segni di passaggio...
(Grazia F.)
- Quei periodi
che ci hai fatto rivivere nel tuo racconto, hanno
ridestato in me antichi ricordi di chi si accontentava di
giocare con un copertone di bicicletta e una "mazzarella"
che lo spingeva, di chi divideva un tozzo di pane duro con
gli amici che giocavano a palla in via Risorgimento, di
chi non andava in discoteca ma si organizzava
a casa di
qualcuno che aveva più spazio. La Domenica era la
Domenica, Natale era Natale....si addobbava l'albero con
mandarini, qualche cioccolata e tanti nastrini... si stava
tutti insieme, si giocava a tombola, a tresette, a scopa,
alla "stoppa"... Erano giorni belli da vivere, giorni
vissuti intensamente, oggi sono solo ricordi che però in
me e penso in tanti altri fanno rimpiangere di non avere
avuto il dono di poter fermare il tempo... (Rino M.)
-
Grazie a Dio niente e nessuno può rubarci i ricordi. La
descrizione sulla vita antica forinese fa riaffiorare
molti ricordi; tanti valori ormai perduti (ne avremmo
bisogno),la genuinità della gente, un paese che sembrava
una grande famiglia. La mia permanenza a Forino era una
festa dall'inizio alla fine, anche dovuto alla
spensieratezza dell'età. Commovente! (Angelo M.)
- Io sono un po' più
giovane, e di quello che racconti ho solo il ricordo di
bellissime estati trascorse nei vicolo, e in questo
momento riesco a sentire anche gli odori. (Lea D.N.)
- Un piccolo pezzo di storia del passato che ognuno di noi
ha scritto ci fa sentire meglio, ci fa sognare un pochino.
Noi abbiamo bisogno di sognare! (Angelo M.)
- I miei
ricordi sono legati al rione Palazza il marciapiede a
forma di triangolo con la fontanella, e tante persone di
sera sedute su quel gradone sembrava sempre festa. E chi
ricorda, dopo una giornata di lavoro dei nostri genitori,
nel cortile la sberzatura
del granturco i più piccoli sopra la catasta con il chiodo
in mano e i filamenti delle spighe tutte attaccate addosso
e quel sgridiolìo delle sberze. Il periodo della
raccolto del frumento 'o jurman mietuto e raccolto
in piccoli fasci sbattuto sulle botte per sgranarlo e
quelle maledette puche che si infilavano nel collo.
E il tempo delle nocciole nel cortile del palazzo Laudati
dove abitava la buonanima 'e Vicienz' alle quattro
del mattino iniziava a battere i chiccheri delle
nocciole. Ad ottobre l'odore del mosto e le persone che
venivano a fare 'o venazzar con relativa taglio
della sopressata. Provateci a passare ora, di sera
quando vado dai miei a volte mi immagino come era, ma ora
sento solo silenzio. (Armando B.)
- Bimbi
che giocano per strada fino a tardi, madri che li
osservano e intanto commentano la giornata "e non solo".
Che ricordi bellissimi... che nostalgia... ma staremo
diventando vecchi? (Anna V.) |
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